A Roma andrà in scena il Michelangelo Show

C’è un’astronave da nove milioni di euro, un oggetto teatrale non identificato, che sta per atterrare al centro di Roma e del mondo un po’ asfittico dello spettacolo italiano. Non è un musical, anche se a curare le musiche è John Metcalfe, arrangiatore di star come U2 e Coldplay, e il tema principale è scritto e cantato da Sting. Non è prosa, anche se a recitare i dialoghi c’è la voce fuori campo di un Pierfrancesco Favino. Non è danza acrobatica in stile Cirque du Soleil, malgrado le evoluzioni dei ballerini-attori e l’impiego di imponenti macchine sceniche. E non è cinema, anche se vanta un sistema di proiezione con effetti speciali su schermi a 270 gradi che promette di avvolgere il pubblico e scaraventarlo nell’azione.

Vuol essere tutto questo, e all’ennesima potenza, “Giudizio Universale. Michelangelo and the Secrets of the Sistine Chapel.”, come recita il titolo, opportunamente bilingue, sui manifesti che in tutta Roma annunciano il debutto per il 15 marzo. E sotto: “Uno show di Marco Balich”. Già, perché il nome di questo cinquantacinquenne veneziano – ex schermidore, ex organizzatore di concerti, ex produttore tv – è ormai un brand: garanzia di spettacoli avvolgenti ammalianti, incalzanti, bombardamenti di luci e di musiche, giochi d’acqua e di fuoco, mongolfiere, barche volanti, cavalli, cammelli, e soprattutto centinaia di persone in scena (“coordinarli tutti per la coreografia è difficile, ma anche farsi confezionare 10 mila paia di scarpe non è uno scherzo”). La sua specialità sono le cerimonie olimpiche (Torino 2006 e Rio 2016, “e siamo in corsa per Tokyo 2020”), ma anche feste nazionali in Messico, inaugurazioni in Turkmenistan, matrimoni di miliardari indiani in Puglia. Nelle sue varie ramificazioni (ha appena aperto una sede a Dubai, strategica per coprire Asia e Medio Oriente) l’impero Balich fattura 100 milioni di euro l’anno e impiega intorno a 150 persone (“solo in ufficio a Milano abbiamo contato 22 passaporti diversi”).

A Roma però l’impero sbarca con qualcosa di (quasi) completamente diverso: non una kermesse in uno stadio, ma un “viaggio sensoriale e immersivo” a teatro, non un gigantesco evento una tantum, ma uno show “a lunga tenitura”, che punta a restare anni in cartellone e a staccare centinaia di migliaia di biglietti: a un mese dalla prima le prenotazioni hanno già superato le 35mila. “Ci siamo detti: se vai a Broadway o nel West End di Londra sei sicuro di trovare Il Fantasma dell’Opera o Il Re Leone che stanno lì da decenni” spiega Balich nella sala prove supersegreta allestita in un padiglione abbandonato dall’ex area Expo di Milano, mentre un braccio meccanico solleva un barbutissimo Michelangelo verso il cielo e una macchina del vento scompiglia le vesti delle vittime del Diluvio Universale.

“A Roma dove ogni anno 16 milioni di persone trascorrono almeno due notti, niente del genere, nessuno show fisso. Neanche più il cabaret romanesco, ora che è venuto a mancare il povero Lando Fiorini… E allora arriviamo noi, un po’ sognatori e idealisti. Ci è sembrato anche che la città si meritasse una scossa, una pacca sulla spalla in un periodo difficilotto”.

Quindi questo Giudizio Universale sarà una macchina acchiappaturisti? Macchè giura Balich. E scordatevi i paragoni con Nerone, il musical in toga e calzari allestito l’estate scorsa con fondi pubblici in cima al palatino e sbaraccato con ignominia dopo poche repliche (ne parla Filippo Ceccarelli tra qualche pagina). Lui di sovvenzioni non ne ha chieste, produce con una nuova società, Balich Artainment, e l’aiuto di un gruppetto di sponsor e investitori. “Facendo show molto ricchi abbiamo accesso alle migliori professionalità esistenti”: non solo Sting (come ha fatto a reclutarlo? “Beh, lui e soprattutto la moglie Trudie sono grandi fan di papa Francesco”), ma anche Fotis Nikolaou, il coreografo delle Olimpiadi di Atene. La co-regista Lulu Helbek, giovane italo-danese che con Balich collabora da sempre. Gli scenografi della Stufish, che hanno allestito i palchi di Rolling Stones, Queen, Madonna, e la grande mostra sui Pink Floyd attualmente a Roma. “Le migliori luci, i migliori proiettori, i migliori effetti laser, i migliori creatori di animazioni digitali per videogiochi”.

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Ma il punto di forza, naturalmente, sono i protagonisti: Michelangelo, rock-star globale dell’arte oggi come 500 anni fa, e la sua creazione più celebre, la Cappella Sistina. “Un totem della nostra cultura, un luogo che rappresenta le nostre radici più profonde, da raccontare con le tecnologie più avanzate”, spiega il regista Gabriele Vacis, che ha curato la supervisione teatrale. E così, grazie agli schermi avvolgenti, il pubblico potrà immergersi negli affreschi della volta e della parete del Giudizio. Che prendereanno anche vita, con “leggere”, rispettosissime animazioni: si vedrà Dio che disegna i cerchi del Sole e della Luna o i beati che ascendono al cielo al suono dei gorgheggi in latino del Dies Irae stinghiano. La narrazione videoproiettata si fonderà con il movimento dei danzatori, impegnati a replicare le straordinarie posture e torsioni dei corpi michelangioleschi.

E ancora: la creazione di Adamo, Eva e il serpente, l’espulsione dall’Eden; il Diluvio, con tuoni e fulmini da far accapponare la pelle in platea; Michelangelo davanti a un blocco di marmo che si anima a mostrare come compito dell’artista sia trovare la bellezza levando “il soverchio”; Giulo II che per convincere l’artista ad affrescare la Sistina gli descrive la nuova Roma rinascimentale, mentre sugli schermi appare una ricostruzione a volo d’uccello della città, dal Colosseo circondato di campi fino alla fabbrica di San Pietro; la teatralissima cerimonia del Conclave, con la processione dei cardinali, le votazioni, la fumata bianca, l’affaccio sulla piazza gremita… Il tutto con la benedizione, anzi più laicamente la consulenza scientifica, dei Musei Vaticani. Che hanno fornito – a prezzi calmierati “per l’evidente finalità educativa” – le immagini ad alta definizione degli affreschi della Sistina; e che hanno approvato ogni dettaglio della coreografia, ogni riga dei dialoghi, ogni pixel delle ricostruzioni digitali.

Appartiene al Vaticano – anche se è oggetto a un’altra amministrazione – anche la sala, l’Auditorium della Conciliazione, che strategicamente dista poco più di un chilometro dalla Cappella “vera”. Le trattative sono durate sei anni, ma oggi Barbara Jatta, direttore dei Musei, si dice felice del risultato. “È un bellissimo modo di coniugare tradizione e innovazione, di fruire della storia dell’arte, della scienza, affrontando i temi della fede… In fondo Balich è un po’ come quegli architetti barocchi che allestivano spettacolari feste religiose, suscitando stupore ed emozione ma anche afflato mistico”.

Ogni anno la Sistina viene visitata da sei milioni di persone, fino a 25mila nei giorni di punta; all’interno le guide non possono spiegare, i turisti si trattengono al massimo per qualche decina di minuti: lo show può essere un’alternativa alla visita? “Certo che no, ma può essere un arricchimento per chi vuole saperne di più”. Il Santo Padre è a conoscenza dell’operazione? “Possiamo presupporre che ne sia informato”.

Spettacolarizzazione dell’arte: Balich non ha paura di questo termine, anzi lo rivendica. Inserendosi in un filone che, man mano che le tecnologie si fanno più avanzate e disponibili, finisce per toccare anche i luoghi stessi dell’arte e della storia, che qualcuno vorrebbe inviolabili e sacralizzati. Sempre a Roma è diventato un appuntamento fisso delle serate estive il Viaggio nei Fiori ideato da Piero Angela e Paco Lanciano: luci, proiezioni ed effetti speciali – e, in cuffia, la voce del decano della divulgazione scientifica italiana – fanno rivivere gli antichi resti simulando il loro aspetto di 2.000 anni fa. Ricostruzioni in videomapping sono state allestite per le domus romane di Palazzo Valentini e gli affreschi bizantini di Santa Maria Antiqua, che riemergono dal nulla sotto gli occhi dei visitatori. All’Ara Pacis e alle Terme di Caracalla i visori per la realtà aumentata solo l’alternativa, tecnologica e in tre dimensioni, a quelle pellicole trasparenti che nei libretti per bambini permettono di sovrapporre la ricostruzione d’epoca alla foto delle rovine. E la realtà virtuale arricchisce di uno spettacolare viaggio nel tempo la visita guidata al cantiere della Domus Aurea: ci si siede nella sala della Volta dorata, si indossa un Oculus Rift e si “sfonda” virtualmente il muro di terra e mattoni che imprigiona nel sottosuolo l’antica villa di Nerone, finendo per affacciarsi sul panorama a 360 gradi della Roma di Nerone.

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“Dobbiamo camminare sullo stretto crinale che separa l’accademia snob da Disneyland”, dice Paco Lanciano. Fisico di formazione, storico collaboratore di Angela a Superquark, ha curato allestimenti multimediali in decine di musei e da qualche mese ha aperto una “mostra-spettacolo”, Welcome to Rome, in un ex cinema della capitale. Quattro modelli interattivi ricostruiscono le vicende di alcuni dei monumenti più importanti; un film proiettato a ripetizione per tutto il giorno su pareti, soffitto e pavimenti di una sala speciale ripercorre in mezz’ora la storia della Città Eterna dalle origini a oggi. La proiezione è immersiva, coinvolgente e molto godibile, ma senza troppo dispendio di effetti speciali o animazioni 3D. “Piace al bambino di sei anni come al professore di archeologia”, assicura Lanciano. “La divulgazione è un processo democratico”.

Balich sottolinea che per il suo Giudizio Universale ha voluto prezzi abbordabili, non più di 28 euro per i posti migliori delle serali, e che sono previste matinée ancor più economiche per le scuole, con un kit che sarà distribuito agli insegnanti per preparare gli alunni e poi discutere in classe quello che hanno visto. Ma le sue amibizioni vanno oltre la semplice divulgazione. “A me non interessa che la gente esca dalla sala dicendo” ah, carino il documentario”. Voglio che restino senza parole per mezz’ora come quando sono uscito da 2001 Odisse nello Spazio. Voglio che sia un momento di sbigottimento, un’esperienza totale, artistica, emotiva e perché no spirituale. Per tutti, dalla famigliola agli autostoppisti con lo zaino, dal cattolico all’ateo al buddhista, fino alla fascia di pubblico più difficile: gli adolescenti abituati a videogiochi e film di supereroi. Se riusciamo a fargli passare un’ora senza sbirciare il telefonino, abbiamo vinto”. Vacis si spinge ancora più in là: “È teatro che supera la dimensione dello spettacolo per farsi rito, con gli spettatori che diventan

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